L’Italia e la colonizzazione culturale

Pubblicato da Massi

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Il sogno americano e il fascino dell’oriente, due chimere agli antipodi che regalano sogni effimeri ad italiani annoiati da una banale quotidianità. Siamo una generazione cresciuta mangiando merendine ai cinque cereali e guardando tanta televisione, siamo nervosi impazienti consumatori di serial statunitensi e ci divertiamo ancora parlando delle sette stelle sul petto di Ken il guerriero o della epocale sfiga di Candy Candy.

I prodotti del tubo catodico italiani non ci soddisfano, sono troppo vecchi e non hanno quel fascino, quella spettacolarità che, invece, notiamo nel cinema hollywoodiano e del sol levante. Ci piace sederci in poltrona, rilassarci e volare verso mondi lontani, ammiccanti e appassionanti perché è difficile vivere una realtà dove sono troppe le cose che non funzionano. Il fulcro della questione è che in Italia mancano idee di successo ed i soldi per realizzarle, così è molto più facile ed economicamente più vantaggioso importare dagli Stati Uniti tutto ciò che fa share, che fa vendere nei negozi e che sia incline con le mode del momento.

Fondamentalmente, quello che proviene da oltreoceano è cool e viene immesso nella cultura degli altri paesi perché è bello e perché piace. Basti pensare alla saga del Signore degli Anelli di Tolkien, pochi esaltati amanti del genere fantasy e dei giochi di ruolo si erano azzardati a leggere quell’infinita opera di oltre mille pagine, poi è arrivato Peter Jackson e la sua trilogia e il mondo, compresa l’Italia, è impazzito per la storia Frodo. Oppure, possiamo prendere in analisi i casi di dottor House e di C.S.I., due serial che hanno cambiato la televisione italiana e anche il nostro modo di vedere ospedali e forze dell’ordine. Ciò ha comportato la creazione di parodie come quella di Mai dire… o la trasposizione attraverso l’adattamento come quella di R.I.S. La localizzazione dei prodotti americani porta degli effetti sulla nostra società: l’abbattimento della concorrenza nostrana e l’imporsi di modelli culturali a volte lontani dai nostri. In questo processo di assimilazione, però, avviene qualcosa di inaspettato, di incontrollabile che potremmo chiamare fattore X: non tutto ciò che negli U.S.A. è acclamato dal pubblico nel nostro paese ha altrettanto risposta positiva. Oltre ad esserci una specie di “gatekiping” dei prodotti in entrata, c’è il giudizio del consumatore ed il flop è dietro l’angolo. È difficile riconoscere un genere prevalente sugli altri perché esistono telefilm per tutti i gusti dal medical drama di E.R. al sentimentale di Una mamma per amica, dal catastrofico fantastico di Lost al prison escape di Prison break. Lo spettatore deve solo scegliere.

A volte, poi, avviene una naturalizzazione del prodotto dovuta alla localizzazione perché qualcosa si perde sempre nella traduzione e c’è bisogno di un adattamento al gusto italiano.

Questo è un fenomeno che caratterizza particolarmente tutto ciò che proviene, invece, dalla cultura orientale. Avendo origine da paesi lontani, è normale che alcuni gesti o concetti siano poco comprensibili per noi occidentali, ma spesso nel nostro caso si tratta di censura bacchettona. È veramente comico, ma i genitori italiani ancora non hanno capito che gli anime giapponesi non sono uguali ai cartoni animati della Disney. Ogni serie animata ha un target di età. I bambini e anche gli adolescenti adorano Dragon Ball e Naruto, l’avventura e le storie d’azione che guardano in televisione all’ora di pranzo o dopo i compiti di scuola. Mai, però, eccedere con la violenza o con scene con vaghi accenni sessuali perché il Moige è sempre attento e presente. In questo modo si perdono storie di contenuto che farebbero crescere psicologicamente, invece di pupazzi che combattono tra di loro e che possono essere comprati nei negozi di giocattoli. Nell’ambito di anime e manga però è presente una fetta di consumatori che va dai 18 ai 35 anni a cui piace esplorare l’ambiente fumettistico giapponese. In rete si contano decine di forum dove si possono scaricare online gli ultimi capitoli in inglese delle serie preferite e dove si può parlare di come andranno a finire le storie che seguiamo in edicola. Questo è un fenomeno nuovo e dilagante per il nostro paese, la nascita di community dove si può dialogare con persone che condividono la passione per i nostri stessi idoli americani o del sol levante.

Infatti, il business del tempo libero è un mercato in continua espansione ed ha risorse inesauribili, basta pensare alla notevole presenza di piattaforme di gioco e dei videogames provenienti da Stati Uniti e Giappone. La colonizzazione culturale di questi paesi è sempre in atto e si insinua nei momenti in cui dopo il lavoro cerchiamo il relax. I prodotti di queste nazioni non sono creati per i paesi esteri, ma per il loro pubblico, eppure il successo di questi li porta ad essere venduti in tutto il mondo. Siamo, quindi, noi italiani consumatori coscienti che decidiamo di americanizzarci e di scegliere quel prodotto dal fascino orientale.

FONTE: cultumedia.it

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