La dura vita degli otaku italiani

Lucky star

Oggi parleremo di tutto quello che circonda l’otaku italiano e di quanto sia difficile, nel bel paese, cercare di condividere le proprie passioni ed i propri interessi con il resto della popolazione.

Già, perché l’Italia è forse il peggior paese occidentale in cui un otaku (o comunque un appassionato di fumetti) può nascere. Poche pubblicazioni, poche fiere (anche se di altissimo livello) e poco interesse attorno a questo fantastico mondo sono solo alcuni dei “mali” che affliggono il nostro paese, che sembra quasi non interessarsi della passione più semplice e sincera che esista al mondo. Non solo, molte volte si colpevolizzano anime e manga perché “veicolo di violenza giovanile”, colpendo duramente le pubblicazioni con incredibili censure. Ma andiamo con ordine.

Le produzioni giapponesi sono davvero tantissime, ed ogni anno escono almeno un migliaio di anime e manga di pregevolissima fattura. Ovviamente importare tutto quell’ammontare di roba non avrebbe un costo irrisorio (tra diritti, pubblicazione e quant’altro), quindi le case editrici e le compagnie di distribuzione cercano sempre di scegliere quale, secondo loro, sia il prodotto migliore da acquistare. Questo a volte provoca delle situazioni alquanto imbarazzanti: dalla non pubblicazione in Italia di alcuni anime davvero divertenti (vedi Azumanga Daioh o Lucky Star) al ritardo incredibile che gli stessi subiscono una volta acquistati i diritti. Questo è il caso di The Melancholy Of Haruhi Suzumiya, che è arrivato in Italia solo l’anno scorso (mentre la serie è iniziata e finita nel 2006…).

Altro elemento di disturbo per i poveri otaku è la mancanza di strutture adeguate (fumetterie, edicole attrezzate e quant’altro) che, nei piccoli centri e nelle provincie, sono davvero merce rara. Una maggiore attenzione da parte degli enti preposti agevolerebbe non poco la nascita di questi negozi che, in tempi di crisi come questo, potrebbero diventare delle ottime fonti di guadagno per giovani imprenditori.

Una cosa che ci sta molto a cuore è invece la situazione che molti ragazzi appassionati di fumetti vivono ogni giorno: l’isolamento. Durante le lunghe chiacchierate che ho avuto con dei ragazzi incontrati al Lucca Comics And Games, ho scoperto che molti di loro vivono delle situazioni relazionali abbastanza particolari. Alcuni hanno lamentato il fatto che la loro passione per gli anime e i manga venga vista dagli altri come “una bambinata” o peggio, come una cosa assolutamente negativa. Questo assurdo e quanto mai incredibile fenomeno è il frutto di anni ed anni di categorizzazione errata dei prodotti giapponesi che, come abbiamo visto nel secondo editoriale, sono anche vittime di censure molto pesanti. Come possiamo fare per risolvere questo problema? Beh, a costo di ripeterci dobbiamo assolutamente ribadire che la soluzione migliore sarebbe ri-categorizzare i prodotti nipponici spiegando, in maniera semplice ma precisa, che vedere un anime o leggere un manga non è una cosa sbagliata e ne tantomeno “strana” ma anzi, è sicuramente un’occasione per apprendere ed imparare (soprattutto la cultura giapponese). Bisogna quindi far leva sui giovani ed impostare un discorso di educazione alla lettura ed alla visone, che sicuramente gioverebbe anche ai più grandi.

FONTE: comicsblog.it

Lascia un commento