Pubblicato da Massi
«Non esistono eroi, non esistono guerre giuste da combattere. Solo sofferenza, polvere e gente che muore per il tornaconto di poche grosse multinazionali». Hideo Kojima, game designer di fama mondiale, parla così di Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots. E’ un videogame appena uscito per PlayStation 3, fra i più costosi mai realizzati, ultimo capitolo di una saga che nel mondo ha già venduto oltre 20 milioni di copie e grazie al quale la Sony spera di recuperare terreno su Nintendo e Microsoft. Ma è soprattutto uno dei pochi giochi usciti dopo l’11 settembre del 2001 marcatamente antimilitarista. Tanto che il settimanale americano Newsweek ha parlato di Kojima come di un’interessante via di mezzo fra Sergio Leone e Dwight Eisenhower. Avrebbe infatti la stessa maestria del primo nel raccontare storie senza facili moralismi, mentre con il secondo condividerebbe la convinzione che ogni arma prodotta è un furto ai danni di coloro che periscono per stenti e fame. «Ho pensato che sarebbe stato istruttivo per una volta lasciare al giocatore la scelta se essere buono o cattivo», spiega Kojima. «Nel mio ultimo videogame si può uccidere chiunque si incontri, si può decidere di aiutare una delle tante fazioni in lotta, si può anche attraversare i campi di battaglia senza interferire. Ma nel frattempo i cattivi smettono di essere così cattivi e scopriamo che i buoni non sono immacolati come sembrano. Alla fine è l’idea stessa di bene e di male ad entrare in crisi».
Metal Gear Solid 4 racconta le avventure di Solid Snake: ex superagente segreto invecchiato precocemente a causa di una malattia incurabile, deve fare i conti con l’ennesima minaccia che rischia di distruggere il mondo. Un lungo peregrinare fra Medio Oriente, Centro America, Europa dell’Est, Circolo Polare, in un mondo dove la guerra ormai è un sistema economico troppo radicato per essere interrotto. Solo pochi sanno davvero per cosa si combatte, ma tutti continuano a farlo credendo di essere nel giusto e perpetrando la scia di sangue. E nel gioco, che ha una densità narrativa straordinaria, si incontrano personaggi di ogni tipo: trafficanti alla Viktor Bout (arrestato in Thailandia un anno fa dopo aver accumulato una fortuna vendendo armi a destra e sinistra), agenti segreti usciti di senno per le troppe atrocità viste o commesse, emissari di multinazionali prive di scrupoli, aspiranti eroi senza più una causa per la quale morire. «La generazione dei miei genitori spiega Kojima è stata l’ultima a provare le devastazioni di una guerra sulla propria pelle. Grazie ai loro racconti e ai loro insegnamenti per me è naturale essere contro la guerra e le armi nucleari. Ma queste sono cose che si stanno perdendo fra i più giovani. Ecco perché in Metal Gear Solid 4 ho deciso di rappresentare tutto il dolore che un conflitto provoca. Chi come me ha 45 anni deve raccontare quel che la guerra è capace di fare».
Peccato che Kojima sia l’unico a ragionare così nel suo settore. Lo stesso Pentagono ha stanziato 6,5 milioni di dollari per sviluppare un videogame da distribuire gratuitamente sul web per propagandare fra i giovani i valori delle forze armate. America’s Army è stato il primo nel suo genere: a nessuno era mai venuto in mente di usare i giochi elettronici per il reclutamento. Ma dopo l’11 settembre 2001 le cose sono andate sempre peggio. Così, mentre in buona parte del mondo le associazioni di genitori continuano a prendersela con giochi tanto eccessivi quanto innocui, sugli scaffali i videogame dove vengono messi in scena i conflitti contemporanei si sono moltiplicati. Rappresentazioni tanto realistiche dal punto di vista della qualità delle immagini, quanto grossolane in fatto di contenuti: il solito manipolo di eroi a stelle e strisce deve salvare il mondo dal caos e dai cattivi. Solo che i cattivi hanno quasi sempre la kefiah e li si fredda per i vicoli di cittadine polverose che tanto assomigliano a quelle mediorientali. La sofferenza è bandita, come i dubbi, le assurdità, gli spargimenti di sangue innocente. I videogame sono diventati una vera e propria forma di propaganda. «E’ incredibile che questo avvenga», continua Kojima. «Sappiamo tutti ad esempio quanti bambini vengono trasformati in soldati in tante parti del mondo, eppure l’industria dei giochi elettronici non si fa problemi e continua a rappresentare la guerra come fosse una cosa bella».
FONTE: repubblica.it