News su Kingdom Under Fire:Circle of Doom

Scritto da Massi

Circle of Doom

Kingdom Under Fire: Circle of Doom

Genere: Azione
Produttore: Microsoft
Sviluppatore: Blueside Studios / Phantagram
Distributore: Leader
Giocatori: 1-4
Data uscita: 1 febbraio 2008

Alla notizia di una sorta di “spin-off” della serie Kingdom Under Fire, in molti hanno drizzato le orecchie, interessati al progetto di portare la nota saga RTS verso i lidi inesplorati dell’Action-RPG.
Ora, quando manca ancora un po’ all’uscita nei negozi, Kingdom Under Fire: Circle of Doom si presenta a noi con una preview giocabile, probabilmente lontana dal risultato finale. ma già capace di dare diverse indicazioni. E la delusione, purtroppo, è dietro l’angolo.

Kindom Under Fire: The Crusaders, il primo titolo della serie ad approdare su Xbox (il secondo in assoluto, dopo il capostipite su PC), rispondeva all’esigenza di portare lo strategico su console, e lo faceva anche con un discreto carattere. Invece di scimmiottare i parametri imposti da Blizzard su altre piattaforme, i Blueside decisero di prendere in prestito la più tipica ambientazione fantasy, con paladini, orchi, elfi e quant’altro, e costruirci sopra una struttura di gioco decisamente innovativa. Alla guida di vasti eserciti ci si trovava a gestire ogni singolo squadrone in maniera indipendente, scegliendo con cura il luogo in cui piazzarlo e l’azione da impartire, in modo da sfruttare al meglio i diversi tipi di arma ed equipaggiamento delle squadre (lancieri, arcieri, fanteria, catapulte ecc.) esattamente come ci si aspetterebbe di fare in uno strategico in tempo reale. Decisamente meno scontato era invece il cuore dell’azione, poiché tornando in controllo dei protagonisti del gioco, la struttura virava prepotentemente verso il più tipico hack’n’slash in stile Dinasty Warriors (o, per fare un esempio più recente, Ninty-Nine Nights). La struttura ibrida funzionava decisamente bene, prendendo a grandi linee l’impostazione strategica dall’RTS e il gameplay in stile “button masher” dai giochi action più spensierati, in tal modo evitando di cadere nella monotonia dell’uno o dell’altro stile di gioco. Certo, il titolo non era esente da difetti, così come il suo successore “Heroes”, ma la particolare soluzione adottata lo rendeva se non altro unico nel suo genere, e particolarmente apprezzato da una buona fetta di pubblico. Quello stesso pubblico potrebbe storcere il naso sapendo che per il nuovo capitolo della serie, Circle of Doom, Blueside ha deciso di stravolgere completamente la formula, accostandosi ad un più rodato e conosciuto action-RPG basato sull’esplorazione di dungeon, sulla falsa riga di giochi come Phantasy Star Online. Non è detto che si tratti di una mossa sbagliata, e in ogni caso, stando a quanto riportato dagli autori, la tipica struttura ibrida RPG-RTS dovrebbe tornare già dall’espisodio successivo, che sarà ambientato in un setting completamente diverso, e a cui questo Circle of Doom farà da introduzione.

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Cambio di rotta
E’ piuttosto strano che un team di sviluppo decida di cambiare repentinamente la struttura di una sua serie avviata da anni, la cosa si può spiegare in diverse maniere: una particolare vitalità creativa da parte dello studio, una stanchezza manifesta del brand o la decisione di lanciarsi su un genere più tendente al mainstream, e quindi capace di assicurare guadagni maggiori. Francamente, in questo caso potremmo protendere sia verso la prima che la terza ipotesi, visto che la dinamica tipica vista finora pareva avere ancora molto da offrire, e non sembrava certo al capolinea. Se non altro, il gioco si presenta in ogni caso molto curato, complice senza dubbio l’utilizzo di una formula già ben strutturata e conosciuta, sulla quale i Blueside hanno dovuto lavorare solo di levigatura, piuttosto che costruire un impianto completamente ex-novo.
Henry Lee, game director di Circle of Doom, ha affermato che nella progettazione del gioco ha tenuto in mente tre concetti: semplicità, profondità e divertimento. Con la prima si intende una certa facilità e immediatezza nel calarsi all’interno delle dinamiche da RPG, con la seconda si intende lo scostarsi del titolo da un semplice button masher, e l’inserimento di elementi più ragionati e appunto profondi, mentre la terza caratteristica si riferisce sia al gameplay piacevole e fondamentalmente orientato verso il gioco in multiplayer, che ad un certo senso dell’umorismo con il quale viene affrontato il serioso universo fantasy di riferimento. In ogni caso, il gioco si presenta, al pari dei suoi predecessori, come un’interpretazione fresca, in “stile console”, di un genere che solitamente stanzia sui PC.
La storia si pone come un ponte tra i primi tre titoli e i prossimi che arriveranno, e in linea generale si presenta più o meno con il solito canovaccio del bene che lotta contro il male. Sei sono i personaggi selezionabili, impegnati nella lotta contro le forze oscure e classicamente caratterizzati da abilità e bilanciamenti diversi tra forza fisica e attacchi magici: c’è la maga Celine, il guerriero Kendal il cui corpo sta andando incontro ad un’oscura mutazione, Regnier l’ex-immortale e il viaggiatore Curia. La storia pare essere impostata in modo da lasciare una certa libertà di scelta al giocatore, comportante diversi sviluppi. All’inizio, se ne possono scegliere due e per ognuno ci sono armi ed abilità specifiche.

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Gioco di ruolo d’azione
Il gameplay dimostra tutta la volontà di Blueside nel cercare di ancorare l’RPG al genere action, con un approccio ben più dinamico e divertente di quanto siamo soliti trovare in un “dungeon crawler”: i tasti A e X sono associati ognuno ad un’arma (se ne possono portare due insieme, chiaramente), mentre a B e al grilletto sinistro possono essere collegati gli attacchi magici. Il controllo del personaggio è dunque diretto, simile a quanto accadeva nella sezione button masher dei capitoli precedenti: si tratta semplicemente di dirigersi verso i nemici, e premere i tasti corrispondenti all’attacco che si vuole eseguire. Sono presenti una grande quantità di nemici diversi, ma le loro caratteristiche, come di consueto, possono essere ricondotte a tre tipologie principali: i nemici da corpo a corpo, quelli da attacco a distanza, e quelli che compaiono di sorpresa cadendo dal soffitto o attaccandosi alle pareti. La differenza, rispetto anche a Ninenty Nine Nights è che le combo non si ottengono alternando la pressione dei due tasti, ma premendo a ripetizione uno dei due e ottenendo concatenazioni sempre più efficaci col salire di livello.
L’elemento strategico è qui affidato alla necessità di dosare le forze, attraverso il controllo della barra degli skill point. Ogni azione eseguita costa un certo numero di skill point, dipendente dal peso dell’arma, dalla potenza dell’attacco e dal livello del personaggio. La barra corrispondente si riempie progressivamente in maniera automatica, ma nelle sessioni più concitate sarà indispensabile riuscire a misurare movimenti e attacchi per non rimanere poi scoperti ai colpi dei nemici con gli skill point ridotti a zero. L’altro parametro da tenere sotto controllo è ovviamente l’energia, i classici health point, che ovviamente si riducono subendo i colpi dei nemici. Un altro elemento puramente da gioco di ruolo è la possibilità di modificare le caratteristiche delle armi. Ognuna di esse ha un certo numero di slot nei quali inserire delle abilità speciali, che vengono guadagnate nel corso del gioco: queste aggiungono particolarità come raggio d’azione, capacità di danno, possibilità di essere lanciate alle armi a cui vengono associate, e più di una possono essere concatenate in modo da aumentare l’efficacia degli attacchi di ogni singola arma, sebbene il dispendio di skill point aumenterà conseguentemente. Ci sono, in totale, circa 70 abilità speciali da raccogliere in tutto il gioco, con set differenziati a seconda del personaggio scelto.
Nel corso degli stage, tutti un po’ claustrofobici e con poco spazio per l’esplorazione – ad essere onesti – si possono raccogliere corazze e armi, ognuna delle quali può essere utilizzata solo da alcuni personaggi. A fine livello si trova un’area in cui si possono vendere gli oggetti non utilizzabili ed ottenere nuove abilità, attivando delle sotto quest da completare (sulla falsa riga dei Mmorpg: “Uccidi 4 wizard blu e 10 lizard per ottenere” segue nome del colpo speciale in questione ndr), se necessario tornando nei livelli già superati per cercare i nemici giusti da uccidere.

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Divertimento in multiplayer
Altra caratteristica peculiare di Circle of Doom è la sua natura ibrida tra single e multiplayer. La struttura sempra propendere maggiormente per la seconda modalità di gioco, poiché nel vivo dell’azione si nota come affrontare le orde di nemici in un party di quattro giocatori collegati online sia decisamente più divertente che farlo da soli. Per bilanciare le cose, tuttavia, gli sviluppatori hanno inserito un particolare sistema di quest affrontabili in singolo, oltre alla storia principale. La main quest è composta da 6 atti, ognuno composto da un numero variabile di livelli (tra 4 e 8, in genere), ma tra questi è possibile portare avanti delle quest che ci vengono assegnate mentre dormiamo. Il sonno è rappresentato da quelle aree di fine livello di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente ed è lì che ci vengono raccontati i dettagli della storia legati ai diversi personaggi. L’intento dichiarato da Blueside è però “far giocare insieme gli amici”, e grossi sforzi sono stati profusi nel rendere il più piacevole possibile il gioco online. L’azione di gruppo è infatti decisamente più soddisfacente, con la possibilità anche di personalizzare il proprio personaggio in modo da renderlo particolare, data la presenza di soli 6 modelli.

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Attendiamo la prova definitiva sul gioco completo, ma per il momento possiamo guardare con fiducia a questo Kingdom Under Fire: Circle of Doom. La freschezza e l’originalità dei due episodi precedenti, che si perdono in questa struttura decisamente più classica, sono controbilanciati qui da una cura maggiore nella dinamica di gioco, nella gestione dei personaggi e nell’online. Concentrandosi su un impianto più omogeneo, il gameplay appare coerente e solido, sebbene sicuramente meno affascinante rispetto a prima, data la semplicità delle azioni base da compiere ripetutamente. Graficamente, il titolo non si staglia certo sopra alla concorrenza, con una cosmesi e una caratterizzazione generale che non si distingue più di tanto, come qualità e stile, rispetto a molti altri prodotti simili anche di vecchia generazione. Il numero di nemici ed elementi su schermo è notevole, ma ci sono un po’ di problemi di Vsync e di rallentamenti che speriamo vengano risolti per l’uscita del gioco che avverrà a Febbraio del 2008.

Buona struttura di fondo
Dal punto di vista concettuale il titolo non si presenta male: possiamo prendere possesso di un personaggio (da scegliere tra tre possibilità, ma nella versione finale dovrebbero essere sei) che poi buttiamo nella mischia, tra esplorazione e battaglie, con l’obiettivo di farlo crescere e sviluppare insieme con la storia. Con l’andare del gioco il nostro protagonista vede aumentare tre parametri fondamentali, legati alla salute, ai punti attacco (sorta di mana) e alla fortuna. A questo si aggiungono un gran numero di oggetti e armi, generalmente lasciate cadere dai nemici morti, che possono essere combinate in vario modo per aumentare le prestazioni guerresche dell’eroe.
Non solo: oggetti, pozioni e armi possono essere fusi assieme per dare vita ad un manufatto nuovo e più performante, come ad esempio una spada che dia anche punti salute, una pozione più potente e via dicendo. Così descritto, il gioco non sembra male, anche se non si vedono enormi novità.

Corri, uccidi, raccogli. Corri, uccidi, raccogli
Anche l’interfaccia è comoda: possiamo usare due tipi di armi, attivabili con la pressione dei tasti X e A. In aggiunta abbiamo a disposizione diversi incantesimi (da imparare nel corso dell’avventura) da lanciare con B. LB e RB ci permettono di usare rapidamente le pozioni. Ogni azione comporta la spesa di punti attacco, per cui un incantesimo molto potente, un’armatura particolarmente resistente, una spada efficace ma pesante, causeranno un maggiore dispendio di punti attacco: dovremo cercare di combinare al meglio il nostro equipaggiamento per trovare un equilibrio tra efficacia dei colpi e frequenza degli stessi.
Il problema è quando cominciamo a giocare sul serio. Il gameplay si rivela quasi subito estremamente povero. Il nostro vagare è rigidamente delimitato da corridoi prefissati, che limitano al massimo i nostri spostamenti. I muri invisibili si sprecano, e spesso vi troverete in un ruscelletto di cui non potete seguire il corso proprio perché “più in là di così non si va”. Correndo su questi “binari” si incontrano i nemici: inizialmente sono per lo più feroci lucertole antropomorfe, dotate di lance o capaci di scagliare frecce o incantesimi. Arrivano sempre in gruppi nutriti, che per cinque-sei secondi offrono un buon colpo d’occhio, facendo sentire il giocatore al centro della mischia. Peccato che la loro intelligenza artificiale sia imbarazzante: praticamente sono carne da macello, pronta per essere affettata dalla nostra spada. Quelli veramente fastidiosi sono gli arcieri, che mettono in luce un’altra inspiegabile mancanza: manca il tasto della parata, che ci rende del tutto privi di difese di fronte alle frecce. Ciò significa che la strategia d’attacco è sempre la solita: puntare ai nemici con le armi a distanza, ucciderli e poi tornare indietro a finire gli altri.
Giusto per capirci: anche in Heavenly Sword per PS3 è stata criticata la mancanza della possibilità di difendersi. Ma in realtà, in quel caso, la parata è automatica, e gli scenari più ampi consentono di sfruttare l’agilità dell’eroina per schivare. Qui invece non ci si difende mai, e ci si trova continuamente compressi vicino agli avversari, creando un caos che lascia pochissimo spazio a qualunque strategia. La noia e la frustrazione sono quasi immediate.
I nostri personaggi, poi, sono fastidiosamente statici: vi troverete in continuazione a pregarli perché si spostino più velocemente, così da schivare qualche colpo. Niente da fare.
Se a questo aggiungete una telecamera mal gestita, che vi costringe a premere in continuazione la levetta destra per capire quello che state facendo (così da riportare il punto di vista alle vostre spalle), ecco che avete un quadretto non proprio felice.
Ripetiamolo, stiamo parlando di una preview, non sappiamo con precisione quanto vicina al risultato finale. Ma in realtà i muri invisibili difficilmente svaniranno, il design dei livelli potrà cambiare, ma non poi tanto. L’eccessiva linearità (accompagnata da noia e ripetitività) pare essere il più grande difetto del titolo.

Next gen? Fino a un certo punto…
Purtroppo, anche dal punto di vista tecnico, non ci siamo proprio. In realtà lo stile di personaggi (amici e nemici) è abbastanza accattivante, e gli scenari creano una buona atmosfera fantasy. Ma con location così povere dal punto di vista spaziale era ed è lecito chiedere maggiori dettagli e texture più corpose. L’interazione con l’ambiente, a questo stadio del gioco, è scarsissima: gli sviluppatori avevano promesso un’altra distruggibilità dello scenario, che ora come ora non si vede. Speriamo sia solo questione di tempo.
Il frame rate è decisamente poco uniforme, con rallentamenti frequenti e visibilissimi.
Anche in questo caso, più di prima, il giudizio non può essere conclusivo, perché manca ancora un po’ all’uscita del gioco. Ma se probabilmente si potrà fare qualcosa per il framerate, meno verosimili sono miglioramenti sostanziali in tutto il resto. Ma lasciamo il beneficio del dubbio.
Se la cava meglio il sonoro, con buoni effetti e musiche e un discreto doppiaggio. Comunque niente di eclatante.

Conclusione
La necessità di non dare giudizi esagerati in fase di anteprima non può mascherare la delusione provata di fronte a questa versione ancora incompleta di Kingdom Under Fire: Circle of Doom. Se il comparto tecnico è scarso ma, speriamo, migliorabile (dalle immagini diffuse in rete ci aspettavamo qualcosa di più), ciò che fa cadere le braccia è il gameplay: il nostro protagonista si muove su binari rigidamente prefissati, con poche possibilità di interagire col mondo circostante; gli scontri sono monotoni, privi di strategia e varietà, e minati da inspiegabili mancanze come il tasto della parata; i muri, visibili e non, sono una costante; le pur alte possibilità di gestione degli oggetti e delle armi aggiungono poco alla giocabilità, nel momento in cui si finisce col fare sempre le stesse cose.
Difficile dare giudizi anche sommari sulla longevità e la validità complessiva della trama. C’è però da dire che, se non verranno apportati miglioramenti sostanziali, i pochi che compreranno il titolo lo molleranno prima di arrivare alla fine.

Qui il video più recente preso da Spaziogames.it

Lionhead vuole i vostri insulti su Fable 2

Da gamesblog.it Scritto da Massi

Inventate un insulto particolarmente divertente, e Lionhead Studios lo inserirà all’interno di Fable 2, il gioco di ruolo in esclusiva Xbox 360 che vedremo in un periodo non meglio precisato del 2008.
Attraverso questo post sul blog ufficiale, la software house inglese chiama infatti alle armi dell’inventiva tutti i più fantasiosi insultatori della rete, perché il vecchio “Arseface” di Fable ha ormai fatto il suo tempo.
Chiaramente ci sono alcune regole da rispettare: l’insulto dovrebbe essere infantile ma non troppo, abbastanza originale e non eccessivamente volgare.
Se qualcuno volesse proporre “io sono la gomma, tu la colla”, sappia che purtroppo è ammesso l’uso della sola lingua inglese.

Scommesse sull’esclusiva Xbox 360 cancellata. Banjo, Fable 2 e Alan Wake confermati

Da Gamestar.it Scritto da Massi

Nei giorni scorsi, Shane Bettenhausen della rivista americana Electronic Gaming Monthly aveva svelato, all’interno del podcast di 1Up.com, la possibilità che un gioco first-party Microsoft per Xbox 360 venga cancellato.

Un grosso titolo realizzato internamente presso Microsoft, in lavorazione da molto tempo, nonchè molto atteso dal pubblico, è stato cancellato. La notizia è vera al 97%, e dovrebbe essere confermata da Microsoft entro la settimana“. Dopo queste parole, in molti avevano indicato impietosamente Fable 2, sviluppato dai Lionhead Studios di Peter Molyneux, e Alan Wake, sviluppato da Remedy, come i principali indiziati per la cancellazione. Nelle scorse ore, però, le rispettive software house hanno confermato di essere ancora in pieno lavoro per lo sviluppo di entrambi i titoli, spingendo la schiera di ipotetici analisti a prendere di mira Banjo-Kazooie, il nuovo capitolo della serie in fase di sviluppo presso gli studi Rare.

Le voci troverebbero conferma se si riflette sullo scarso successo di altri titoli destinati a un target familiare della stessa Rare, su tutti Kameo: Elements of Power e Viva Pinata. E’ di poche ore fa la notizia di un portavoce degli studi Rare, che ha confermato ai colleghi di GamesIndustry.biz il prosieguo dello sviluppo di Banjo-Kazooie su Xbox 360, smentendo seccamente le voci che davano il terzo capitolo della serie nata su console Nintendo per cestinato.

Non ci resta che attendere per scoprire se, nei prossimi giorni, Microsoft svelerà l’ipotetico titolo cancellato